venerdì, Dicembre 6 2024

A cura della Dott.ssa Floriana De Michele, psicologa e psicoterapeuta con studio ad Avezzano.

Sembra incredibile, ma uno dei mali che affligge l’uomo e che ancora non ha trovato cure definitive, “il cancro”, non viene ancora adeguatamente affrontato dalle nostre strutture sanitarie dal punto di vista psicologico.

E’ ormai certo, ed è avvalorato dalle recenti ricerche sulla qualità della vita dei malati di tumore, che sussista un rapporto inadeguato tra i medici di famiglia e i malati neoplastici e, ancor di più,  sembra del tutto inesistente un dialogo tra i medici di famiglia e gli specialisti oncologi.

Altrettanto certa è la relazione tra un corretto approccio alla malattia dal punto di vista psicologico e notevoli benefici sul paziente .

I malati, pertanto, non si sentono adeguatamente accolti, informati, curati, dalle strutture che dovrebbero essere preposte a tale ruolo.  C’é  da considerare, inoltre,  un altro aspetto importante  della malattia di cancro e cioè che essa porta con se altri malanni secondari, sui quali spesso il paziente si concentra per cercare rimedio  consultando per esempio un farmacista. Tutti questi  diversi interlocutori dovrebbero interagire maggiormente tra loro, con lo scopo di alleviare le sofferenze del malato. Invece ciò ancora non avviene.

La necessità di affrontare la malattia , in particolare quella oncologica, in modo multidisciplinare, affrontando tutti le dimensioni della persona ( oltre all’aspetto fisico anche la sfera psicologica e sociale ) ha fatto nascere una branca della psicologia che si occupa appunto di questo : la psiconcologia.

Lo sviluppo della psiconcologia ha fatto passi da gigante, se pensiamo che negli anni ’50 nascevano le prime associazioni , e già negli anni ’90 c’erano strutture regolari di assistenza psicologica ai malati di cancro. Oggi possiamo contare su una rete molto bene organizzata a livello internazionale e su un sapere scientifico rivolto soprattutto agli operatori del settore.

Lo  psiconcologo , interfacciandosi con tutto il personale coinvolto nella cura del malato , si occupa di supportare la persona durante le varie fasi :

  • diagnosi e relativi aspetti informativi e decisionali
  • iter terapeutico
  • fase di guarigione
  • ritorno alla quotidianità o , in caso di esito negativo , cure palliative ed accompagnamento nella fase di fine-vita

L’Hospice, è il luogo dove si effettuano le cure palliative, mirando all’alleviamento del dolore e l’accettazione del fine vita. È un tipo di struttura che è l’emblema dell’elevato livello delle conoscenze relative alla malattia oncologica e di tutte le malattie croniche, che oggi abbiamo raggiunto.

Tuttavia, permangono delle difficoltà , dovute alla scarsa cultura psicologica presente nell’ambiente soprattutto medico che non riesce a far fronte alle molteplici istanze emotive provenienti dalla malattia terminale, dal malato terminale e dalla famiglia.

I familiari richiedono la massima attenzione attraverso la massima informazione sulle terapie effettuate, sono sempre in allarme e attenti ai minimi cambiamenti fisiologici dei loro cari  che sono giunti al loro punto terminale. Farsi conoscere e farsi accettare all’interno dell’Hospice non è semplice ed è frutto di un continuo confronto con tutti i soggetti , operatori, familiari, pazienti.

L’auspicio è che si giunga a migliorare il livello di consapevolezza degli attori coinvolti in queste strutture  e la sfida della psicologia è quella di creare dei “Percorsi Terapeutici Diagnostico Assistenziali” e dei piani di cura in una logica di “salute globale”, che riescano a tradursi nella creazione di servizi reali al cittadino.

Nel mio blog parlo della mia personale esperienza di psicooncologa, iniziata nel 1985, al San Camillo Forlanini di Roma, dove il disagio relazionale tra medici , infermieri, ed il restante personale , lasciava intendere che il cancro era un grande e sconosciuto nemico da affrontare. Quante storie di vita si sono intrecciate tra le corsie di questo ospedale !

Dopo tanti anni, in cui la mia attività si è dispiegata in molteplici campi, sono tornata alla base e dal 2013 lavoro come psicologa presso l’Hospice di Pescina. L’esperienza fatta in questo luogo è qualcosa che porto dentro e mi insegna a capire le persone, giorno dopo giorno, in ogni momento della vita, perché questo mi permette di dar valore alla mia stessa esistenza.

 

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